Re: Gary Willis Clinic 2015 @Bassline Milano
Non posto quasi mai perché non ho della sintesi e perché mi fa troppo strano comunicare attraverso un computer, ma vorrei provare a condividere con voi alcuni degli spunti emersi da questo splendido incontro.
Personalmente, adoro Gary Willis da tantissimi anni, è in assoluto uno dei miei preferiti e ha suonato da dio anche ieri, davanti a pochissime persone - non sono stato a contare quanti eravamo ma a occhio mi sembra che non arrivavamo a 20.
Ecco alcuni degli spunti che mi hanno colpito di più:
Riguardo all'improvvisazione (intesa anche sui grooves, non solo sui soli veri e propri) ha dichiarato di lavorare tantissimo su schemi e geometrie più o meno prefissate sulla tastiera. Questa cosa potrebbe sembrare limitante (ci sono state anche domande esplicite in questo senso) ma la cosa che trovo affascinante è che le sue "geometrie" nascono direttamente dal suo gusto e dalle sue idee musicali. Come dire: ha un bagaglio enorme di queste geometrie, è un bagaglio che si è costruito negli anni stando con le orecchie aperte e cercando di tradurre sulla tastiera le idee musicali che ha in testa, e tutto questo si traduce in un vocabolario vastissimo, che può adattarsi a brani e mood molto diversi.
Ha anche dichiarato di amare moltissimo le pentatoniche, e ha dato un consiglio molto pratico (ovviamente inteso come esercizio), proprio per cercare di non impigliarsi in un range troppo ristretto di geometrie: quello di improvvisare su una tonalità data imponendosi di cambiare posizione ad ogni battuta.
Ho avuto troppo poco tempo per studiarci sopra seriamente, ma già ai primi tentativi mi è sembrato "funzionare", effettivamente mi sembra che ci si trovi quasi immediatamente a suonare cose diverse dalle solite (parlo sempre
IMHO, ovviamente), soprattutto a livello di intervalli e di fraseggio.
a proposito di intervalli, ha dichiarato di "odiare" le scale (con una buffa espressione di disgusto parlando della diminuita, ma non è che scale più comuni come dorica o misolidia gli facciano un effetto molto diverso). Ovviamente c'era dell'ironia in queste affermazioni, ma in sostanza il suo pensiero è che utilizzando approcci scalari si rischi di incappare nella tendenza di improvvisare troppo per gradi congiunti, mentre per lui è appunto più interessante sviluppare idee musicali da intervalli "particolari".
Un'altra cosa che ho apprezzato tantissimo (anche perché mi sembra che abbia spiegato con chiarezza disarmante uno degli aspetti che più mi fanno impazzire del suo stile) e che lui pensa che un bassista in grado di controllare perfettamente dinamiche e ghost notes sia in grado di infuenzare enormente la direzione musicale di tutta la band, in qualunque momento.
Per questo motivo, lui tende ad impostare l'amplificazione a livelli altissimi, e ad usare un fingering estremamente leggero, proprio per assicurarsi un'ampia escursione dinamica, nonché una pacca pazzesca (quando vuole) sulle ghost notes.
La cosa che mi ha "commosso"
è la semplicità con cui ha dichiarato che padroneggiare questo approccio un po' contro-natura (amplificazione a palla e mano ultra leggera) gli è costato due anni di studio.
Sicuramente ci sarebbe altro da dire, ma mi fermo qui.
vi avevo avvertito che non ho il dono della sintesi!