Ciao a tutti!
Penso che una cosa veramente di fondamentale importanza e sulla quale secondo me si sta ponendo troppo poco l'accento sia l'ear training. Mi riferisco a quella consapevolezza di ogni singolo intervallo che permette di avere in testa la frase prima ancora di suonarla, e che permetta di esprimere qualcosa di esteticamente valido a prescindere dallo strumento (cosa che invece risulta essere un problema marcato per quei musicisti che come noi suonano strumenti fortemente visivi/geometrici, e per i quali viene data, soprattutto in una prima fase di apprendimento, una grande importanza ai box, alle posizioni e ad altri concetti di questo tipo).
Una cosa che noto è che spesso sembra quasi che si suonino determinate note col basso solo perché il dito ci cade sopra, solo perché la mano vi si muove automaticamente e senza una reale motivazione artistica/di linguaggio.
Il linguaggio, invece (penso si stia parlando principalmente di jazz ma credo sia un discorso applicabile a qualunque genere) è una cosa che deve partire prima di tutto dalla testa; è la testa che deve comandare le mani, e non il contrario (come facilmente può accadere in strumenti dal forte impatto visivo come il basso elettrico, con le sue geometrie e tutto il resto).
L'ideale secondo me sarebbe provare ad imparare a suonare (o anche solo a "strimpellare con criterio") un altro strumento, magari il piano, per avere una visuale improvvisativa diversa, per pensare alla musica e vederla in maniera diversa, svincolandosi dal basso. In alternativa, è
IMHO fondamentale provare a cantare le frasi, gli arpeggi, anche i walking… Cioè, sapere quello che si sta facendo e farlo a prescindere dallo strumento.
Lavorando proprio sull'ear training, prenderei delle frasi o dei pattern e proverei a cantarli, memorizzarli con la voce, modificarli in base alle conoscenze che si hanno del linguaggio, aggiungendo, togliendo, spostando delle note… In poche parole, assimilando in maniera profonda quello che si sta facendo, ed evitando di pensare e di vedere le cose sulla tastiera del basso, o di prendere un pattern su un II V I e spiaccicarglielo sopra e basta.
Può aiutare molto anche prendere delle frasi di musicisti che suonano strumenti diversi dal nostro (e che quindi non vincolano la loro visione della musica ad una tastiera e a dei box) e provarle in diverse posizioni, con diverse diteggiature, in diversi range della tastiera, e anche lì appropriandosene, modificandole, comprendendo il perché quel determinato grado dell'accordo è messo lì, in quel punto della battuta, che funzione estetica e sonora ha, cosa succede se si cambia una nota piuttosto che un'altra… Insomma, sviscerare la musica ed interiorizzare veramente quello che si studia, allontanando un po' lo strumento, paradossalmente.
Chiaramente tutto questo presuppone anche che si ascolti tanta musica per assimilare auralmente il linguaggio, le sue regole e la sua estetica. Si deve arrivare al punto di riuscire a cantare un bel solo o una bella linea senza basso in mano e senza pensare allo strumento… Da lì a suonare queste cose sarà solo questione di "connettersi" con lo strumento, ma il grosso (cioè pensare, sviluppare, avere a disposizione l'idea) è già stato fatto!
Spero di essere stato d'aiuto, scusatemi per il post eccessivamente lungo!
